Tu sei qui: Storia e StorieMario Schiavo, il "Cantore" di Ravello
Inserito da (Admin), venerdì 28 dicembre 2018 07:37:06
Sono trascorsi quasi 21 anni dalla morte del maestro Mario Schiavo, avvenuta il 3 gennaio 1998.
Il figlio Antonio inviò una lettera in cui ricordava il padre nel 2008, a 10 anni dalla scomparsa: "... Se c'è un'immagine che mi ritorna in mente sovente è quella di papà che, su una vecchia Olivetti, prepara appunti per le sue ricerche storiche e musicologiche. Che archivia, con precisione maniacale, centinaia di articoli di possibile interesse culturale. E momenti di creatività, al pianoforte, alternati alla preparazione delle lezioni per i suoi studenti. Già, i suoi studenti... Si parla di quarant'anni fa, ma il suo metodo di insegnamento di quella che si chiamava 'Educazione Musicale' aveva tratti di indiscutibile modernità didattica. Non era raro incontrarlo, infatti, sull'autobus per Amalfi, con, oltre alla sua inseparabile cartella, un registratore a bobine gigantesco per le lezioni sui suoni e le musiche della nostra terra. Oppure con un giradischi per l'introduzione degli alunni alla conoscenza della musica classica o una piccola pianola per i primi esercizi sulla tastiera. Un pioniere, insomma, come lo definiva Piero Farulli, il grande maestro della scuola di Fiesole con cui papà aveva studiato a Firenze e che lo onorava della sua amicizia. Ma prima di tutto: Ravello. L'amore disinteressato per il suo paese che voleva degno della sua nobile storia, meno provinciale nelle scelte culturali e artistiche, attento ad evitare inopinate colonizzazioni. E le felici intuizioni: sua l'idea della città della musica (questione tornata d'attualità), i progetti di delocalizzazione dei concerti, gli spettacoli teatrali come momento di aggregazione giovanile. Mise a disposizione di tutti i risultati dei suoi studi. Con genuina gratuità, felice solo di sapere (o sperare?) che ne avrebbero fatto buon uso. Non sempre è stato così!".
Mario Schiavo non era solo un insegnante ad Amalfi e un valente musicologo (a lui si deve la riscoperta di Antonio Tirabassi, al quale dedicò lunghe indagini e un prezioso saggio), ma anche un appassionato collaboratore a vari giornali, ultimo in ordine di tempo Il Duca di Luca Vespoli. Giornale di Positano e della Costa d´Amalfi.
Su Eco magazine (anno I n. 6), la vedova, Rosa Pagano, così lo descrisse a Rosamaria Cantarella: "Ovviamente, io lo ricordo come affettuoso marito e padre, visto che ho vissuto con lui per sessantaquattro anni, 52 di matrimonio e 12 di fidanzamento, tra vicissitudini tristi e gioie, ci siamo sempre rassegnati alla volontà di Dio, perché la sua fede era veramente incrollabile". Aveva combattuto sul fronte jugoslavo, scampando alla prigionia dopo l'8 settembre 1943. Tornato in patria, non aveva rinnegato le sue idee politiche, subendo di conseguenza l'emarginazione, che non lo risparmiò neppure quando fu eletto consigliere comunale. Militava nel Msi di Giorgio Almirante. Era tenace nel portare avanti le sue idee, ma sempre su un piano di lineare correttezza. Non si mostrava mai aggressivo. Dietro quel volto sottile e lo sguardo trasognato d'artista si celava un carattere schivo e riservato. Come dichiarò il nipote, Giuseppe Palumbo, sempre su Eco magazine (anno I n. 7), a lui si deve la proposta di far acquisire al comune la Villa Cimbrone, cosa poi non avvenuta. Vittima di "episodi di tracotanza, di prevaricazione", finì col ritirarsi a vita privata, continuando però a dedicarsi ai suoi studi e alla sua musica: non solo quella con la M maiuscola, ma motivi semplici, orecchiabili. "Raviello", ad esempio, composta su testo di Domenico Del Pizzo, è diventata nel tempo un vero e proprio inno della cittadina della costa: "Raviello è na canzone / ca Rufolo e Cimbrone / cantano, doce doce / co´ nu felillo ‘e voce!". "Motivi - sottolinea Enzo Del Pizzo (èCostiera, anno VII n. 1) - che tanti e tanti giovani, di più generazioni, hanno cantato un po' dovunque. Non c'è stata escursione del Gruppo Folk di Ravello (formatosi negli anni 30) che non abbia eseguito motivi del maestro Schiavo. Ho ben presente nella memoria la sua amarezza quando scoprì che una canzone, in gara a Sanremo, ricalcava le note di una sua composizione. Avevo un buon rapporto con lui. Mi stimava, mi dava consigli. Nel 1970, sulla rivista Silarus, recensì il mio libro di poesie "Acquamorta". Gli sono rimasto grato per l'attenzione e l'apprezzamento. Non riesco a capire perché Ravello non lo abbia onorato con una manifestazione ufficiale nel decimo anniversario della scomparsa. E perché non si faccia nulla per acquisire al patrimonio pubblico il suo imponente archivio, di notevole interesse." Come riferito dalla vedova, il maestro "aveva catalogato tutto, tra cui migliaia e migliaia di articoli di giornali da tutto il mondo che parlano di Ravello e tutti gli articoli che parlano di musica, di ogni tipo, tutti elencati per nome, numero e cartella".
Indirizzandogli l'estremo saluto, in quel triste gennaio del 1998, il sindaco Imperato disse: "Con lui se ne va una memoria storica della nostra città, ma egli lascia un patrimonio culturale preziosissimo e ordinatissimo che sicuramente i figli, non meno sensibili, metteranno a disposizione di quanti vorranno far tesoro del suo sapere".
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