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Storia e Storie

Positano, Costiera Amalfitana, Ladinia, Livinallongo, Arabba, Dolomiti

Dalla Costa d'Amalfi alla Ladinia: il giovane Chef Antonio Satriano Casola

Dal mare di Positano alle Dolomini l'intervista della giornalista Giulia Tasser per "La USC di LADINS"

Inserito da (admin), venerdì 2 agosto 2019 22:19:57

Da Positano ad Arabba, località turistica delle Dolomiti (frazione di Livinallongo del Col di Lana), per realizzare il suo sogno. E' la storia del giovane Antonio Satriano Casola, positanese doc, chef del rifugio Burz (visita il sito www.burz.it), una meravigliosa struttura ricettiva che merita assolutamente una visita, soprattutto durante il periodo estivo in cui è raggiungibile a piedi dal centro abitato.

Antonio è stato intervistato dal giornale locale "La USC di Ladins" (scritto in Ladino, una lingua molto antica che antecede la nascita di molti dialetti italiani e che ha resistito alle pressioni esterne grazie alla morfologia del territorio in cui ancora oggi si parla) dalla giornalista Giulia Tasser.

Di seguito l'intervista integrale.

Giulia Tasser: Buongiorno Antonio, ci puoi raccontare qualcosa in più sul tuo conto?
Antonio Satriano Casola: Certo, Il mio nome è Antonio Satriano Casola, ho 24 anni, sono originario di Positano in provincia di Salerno e attualmente lavoro come chef presso il rifugio Burz a Livinallongo.

Quanti anni sono che lavori in cucina?
Che lavoro come cuoco da ben 11 anni. I primi otto ho lavorato in un albergo a 5 stelle a Positano, un anno a Sorrento in un 5 stelle L, successivamente 4 mesi a Liverpool fino poi ad arrivare ad Arabba.

Come ti trovi a Livinallongo?
Mi trovo davvero bene, soprattutto con i colleghi, col direttore e coi titolari.

La tua prima impressione di Arabba qual è stata?
Mi ricordo che mi sembrava di vedere uno di quei paesini montani che si vedono talvolta nei film invernali. Era il 23 febbraio dell'anno scorso, nevicava, ma dopo i primi due giorni di permanenza mi ero già ambientato.

È stato difficile imparare a preparare le nostre pietanze?
Qui in montagna si mangia abitualmente più carne che pesce, ma con l'aiuto di colleghi, ricettari e di tanto studio pian pianino ho imparato.

La pietanza maggiormente ostica, con la quale hai avuto difficoltà?
Sicuramente i canederli, in quanto non è facile dar loro la giusta consistenza in modo che leghino e che, una volta nell'acqua, non vadano in pezzi, ma anche lo strudel perché non è stato semplice imparare a bilanciare tutti i suoi sapori.

Si può quindi dire che la professione del cuoco implichi pure sperimentazione?
Certo, moltissimo. Ho pure aperto da poco una pagina Facebook a mio nome dove volta per volta pubblico le mie nuove creazioni.

Quale fra tutte le esperienze che hai fatto è stata quella più significativa per la tua maturazione professionale?
Dagli otto anni di albergo sono passato ad un lavoro come quello del rifugio che cambia di giorno in giorno e che non ti lascia un attimo di respiro. In ogni luogo ho conosciuto diversi chef e colleghi e tutti mi hanno insegnato qualcosa. Ritengo che un cuoco se vuole imparare qualcosa debba andare via dal suo luogo natio e girare. Di Liverpool posso dire che è stata l'esperienza più breve ma che più di tutte mi ha aiutato ad apprendere l'organizzazione e il dover vivere fuori casa. La cosa più bella invece di questo lavoro è quando certe amicizie e collaborazioni permangono nel tempo e quindi ci si può chiamare o scrivere tra colleghi, confrontarsi e consigliarsi.

Talvolta hai nostalgia di casa?
Si, principalmente mi manca la famiglia, ma dal punto di vista lavorativo non nego che qui ci siano maggiori opportunità. Da me la gavetta è molto più lunga e difficilmente avrei potuto diventare chef a 24 anni. Nel lavoro infatti è importantissimo buttarsi e provare, far vedere il proprio valore.

Penso infatti non sia semplice consegnare un'intera cucina nelle mani di un giovane di 24 anni...
Di ciò devo ringraziare chi ha avuto fiducia nelle mie capacità. A me non piace parlare di gerarchie in una cucina, perché ritengo che si lavori tutti assieme avendo rispetto per tutti. Mi piace il concetto di squadra dove tutti apportano il loro contributo e nessuno è al di sopra degli altri.

Quali sono i tuoi "cavalli di battaglia"?
Chi è cuoco deve sapersi arrangiare con tutto, ma non nascondo che ho una predilezione per i primi piatti e, in particolar modo, per la pasta fatta in casa. Poi spesso ho potuto portare anche piatti di pesce nel rifugio dove lavoro e questo mi ha dato grande soddisfazione.

Un giorno ti piacerebbe diventare chef stellato?
Ora come ora non ci penso. Ho piacere che i piatti che escono dalla cucina siano belli e curati, ma a diventare chef stellato al momento non è una mia priorità.

In rifugio avete più lavoro ora o in inverno?
Sicuramente in inverno perché passa molta più gente, ma ritengo che se ti piace il lavoro tu possa passare anche decine di ore in una cucina e non avvertirne il peso.

Ti piacerebbe continuare a lavorare a Livinallongo anche in futuro?
Sicuramente nelle prossime due stagioni, poi più avanti vedremo. Intanto devo ringraziare la mia famiglia e mia moglie per il pensiero costante che hanno nei miei confronti e per il supporto che mi danno. Mi sono sempre stati vicini nelle decisioni importanti e, sebbene siano geograficamente lontani, li sento moralmente accanto a me.

 

Fonte: lausc.it "Dancà y da na pert" di Giulia Tasser

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