Tu sei qui: MondoEuropa sotto tutela: riflessioni amare dopo le parole del Ministro russo Lavrov
Inserito da (Admin), lunedì 21 aprile 2025 14:53:30
di Massimiliano D'Uva
Le dichiarazioni del Ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov, rilanciate dalla pagina ufficiale dell'Ambasciata della Federazione Russa in Italia, non possono essere archiviate come semplice propaganda. Al contrario, meritano una riflessione profonda, soprattutto da parte di chi in Europa ci vive, ci lavora e ci cresce i figli. Lavrov accusa l’Unione Europea di aver imboccato una pericolosa deriva autoritaria e ideologica, arrivando persino a evocare un ritorno del nazismo sotto mentite spoglie, guidato - dice – dai "führer e commissari" della burocrazia di Bruxelles.
Parole pesanti, certo. Ma è altrettanto pesante il silenzio e la sottomissione dei governi europei di fronte a scelte sempre più imposte da tecnocrati non eletti, scollegati dalla volontà popolare e sempre più inclini a spingere verso lo scontro piuttosto che verso il dialogo. L'impressione, a tratti inquietante, è che si voglia scientemente provocare una reazione russa. Che qualcuno, nell'ombra dei palazzi di vetro, stia lavorando non per evitare la guerra, ma per renderla inevitabile. Per poi puntare il dito e dire: "È colpa loro".
Chiunque osi esprimere dubbi su questa folle direzione viene oggi tacciato di disfattismo, quando non direttamente di collaborazionismo con il nemico. Ma io non ci sto. Non posso accettare che ai miei figli venga consegnato un mondo in cui il pensiero unico si impone con la forza, dove la guerra viene normalizzata, dove la paura e il sospetto diventano strumenti di governo.
Il Covid è stato solo l'inizio. La gestione emergenziale, l'imposizione di regole dall'alto, la criminalizzazione del dissenso: tutto questo ha fatto da apripista a un modo nuovo – e pericoloso – di intendere la democrazia. Oggi chi ci "amministra" non ci governa. Perché governare presuppone visione, responsabilità, confronto. Amministrare, invece, è un verbo freddo, impersonale, burocratico. E chi ci amministra oggi sembra avere un solo obiettivo: riportarci indietro di cento anni, in un mondo instabile, pauroso, militarizzato, dove l'insicurezza è la nuova normalità, funzionale a giustificare la propria stessa esistenza.
Non sono un ingenuo: so che Lavrov parla anche per interesse. Ma so anche che ignorare certe denunce – o peggio, censurarle – significa rinunciare alla possibilità di capire dove stiamo andando. E io, sinceramente, non voglio restare in silenzio.
Perché a un certo punto bisogna scegliere: diventare complici o provare almeno a dire la verità.
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