Tu sei qui: Salute e BenessereIn Italia il “contact tracing” non funziona più e "Immuni" non fa il suo dovere perché le Asl non sono state istruite
Inserito da (Maria Abate), venerdì 30 ottobre 2020 10:09:31
Fino qualche settimana fa, molti paesi guardavano all'Italia come a un modello positivo di gestione dell'epidemia da coronavirus. Il governo e le autorità sanitarie italiane avevano dato prova di essere riuscite a tenere basso il numero dei nuovi casi positivi e bloccare le catene di contagio.
Uno dei motivi di questi risultati era stato un buon lavoro di tracciamento, di indagine e di isolamento dei focolai. Ma oggi non è più così: investito dal rapido aumento dei nuovi casi positivi da indagare, il contact tracing ha smesso di funzionare.
E lo stesso Istituto Superiore di Sanità ne ha certificato il fallimento. «Quelli dei contagi oggi sono numeri significativi. Il virus è dappertutto e il tracciamento non è più sostenibile. L'incidenza di Covid sta crescendo e il Paese è coinvolto in tutte le sue regioni, in alcune delle quali l'incidenza di Covid è aumentata più che altrove», ha detto il presidente Silvio Brusaferro.
Tracciare soltanto i contatti diretti di un positivo, ma non quelli indiretti (anche se contatti diretti e indiretti convivono nella stessa abitazione, come è accaduto in alcuni casi in Costiera Amalfitana) e farlo con i tempi lunghissimi che si stanno verificando, tra effettuazione a scaglioni dei tamponi (perché scarseggiano) e comunicazione ancora più lenta degli esiti perché i laboratori sono oberati di lavoro, non aiuta a limitare la diffusione del virus.
Per non parlare dell'app Immuni. È pubblico ormai il fatto che molte persone risultate positive al test non abbiano potuto attivare la notifica via app, come raccomandato dal premier Conte, perché gli operatori delle Asl non erano stati istruiti a farlo. Inoltre, manca il personale. Senza un apparato di "tracciatori" che analizzi le segnalazioni e sappia adoperare tutti gli strumenti a disposizione, i dati di Immuni restano inutilizzati. Nei casi in cui l'App funziona e invia i segnali di "esposizione" alle persone che sono state in contatto col positivo, per dare un senso a quella segnalazione, le persone che ricevono una notifica dovrebbero essere monitorate per capire se sviluppano i sintomi e se rispettano l'isolamento. Ma non sempre avviene.
«I dati mostrano una progressione continua nei ricoveri e la sfida è riuscire a gestire l'epidemia garantendo assistenza agli altri bisogni di salute, che continuano a esserci - aggiunge, però, Brusaferro -. Esiste una soglia, che non va superata, oltre la quale i pazienti affetti da altre patologie non potrebbero più trovare risposta nei nostri ospedali».
(Fonte: La Stampa, Wired, Il Fatto Quotidiano)
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