Tu sei qui: GourmetLa zeppola di San Giuseppe: storia, origine e tradizione
Inserito da (Admin), giovedì 17 marzo 2022 19:39:00
Sebbene sia diffusa un po' in tutta Italia, la zeppola di San Giuseppe è senza dubbio uno dei vanti della tradizione gastronomica partenopea: un guscio di pasta bignè fritta dal gusto neutro che racchiude un cuore goloso di crema pasticcera e, per finire, un'amarena o una ciliegia sotto spirito che conferisce a questo dolce una piacevolissima nota aspra.
Dal punto di vista etimologico, la parola "zeppola" deriverebbe dal latino "serpulam", serpe, ad indicare la tipica forma di serpente attorcigliato su se stesso.
La classica zeppola di San Giuseppe nasce all'ombra del Vesuvio come dolce conventuale e sono in molti i conventi partenopei ad attribuirsene la paternità: c'è chi parla del convento di San Gregorio Armeno, chi di quello di Santa Patrizia, chi ne attribuisce la manifattura alle monache della Croce di Lucca e chi a quelle dello Splendore. Fatto sta, comunque, che la tradizione vuole che i friggitori napoletani solevano esibire la propria arte culinaria friggendo le zeppole in strada, davanti alle proprie botteghe.
Alla fine del 1700 è proprio Goethe, in visita a Napoli, a raccontarlo:
"Oggi era anche la festa di S. Giuseppe, patrono di tutti i frittaroli cioè venditori di pasta fritta...Sulle soglie delle case, grandi padelle erano poste sui focolari improvvisati. Un garzone lavorava la pasta, un altro la manipolava e ne faceva ciambelle che gettava nell'olio bollente, un terzo, vicino alla padella, ritraeva con un piccolo spiedo, le ciambelle che man mano erano cotte e, con un altro spiedo, le passava a un quarto garzone che le offriva ai passanti... ".
Altro dato inconfutabile è che la zeppola di San Giuseppe è approdata per la prima volta su carta nello storico trattato "La Cucina Teorico Pratica", del 1837, del gastronomo napoletano Ippolito Cavalcanti, Duca di Buonvicino. La sua è una ricetta molto semplice, con pochi ingredienti: farina, acqua, un po' di liquore d'anice, marsala o vino bianco, sale, zucchero e olio per friggere.
"Miette ncoppa a lo ffuoco na cazzarola co meza carrafa d'acqua fresca, e no bicchiere de vino janco, e quanno vide ch'accomenz'a fa lle campanelle, e sta p'asci a bollere nce mine a poco a poco miezo ruotolo, o duje tierze de sciore fino, votanno sempe co lo lanatiuro; e quanno la pasta se scosta da tuorno a la cazzarola, allora è fatta, e la lieve mettennola ncoppa a lo tavolillo, co na sodonta d'uoglio; quanno è mezza fredda, che la può manià, la mine co lle mmane per farla schianà si pe caso nce fosse quacche pallottola de sciore: ne farraje tanta tortanielli come solo li zeppole e le friarraje, o co l'uoglio, o co la nzogna, che veneno meglio, attiento che la tiella s'avesse da abbruscià; po co no spruoccolo appuntut le pugnarraje pe farle squiglià e farle venì vacante da dinto; l'accuonce dinto a lo piatto co zuccaro, e mele. Pe farle venì chiu tennere farraje la pasta na jurnata primma".
Dunque, la zeppola di San Giuseppe nasce fritta. La versione più moderna prevede l'utilizzo di pasta choux, una tipologia di pasta che risale al XVI secolo, realizzata per la prima volta da un pasticcere italiano a Parigi, al seguito di Caterina de' Medici.
Di seguito la ricetta delle Zeppole di San Giuseppe della storica Pasticceria Pansa di Amalfi che su questo dolce della tradizione ha attivo un contest social giunto alla sua seconda edizione:
per una dose di 20 zeppole
1 litro acqua 100 gr di burro
1 kg farina 00
10 gr di sale
12-15 uova fresche
olio di semi di arachidi S.Q.
Zucchero a velo S.Q.
Crema pasticciera S.Q.
Amarene S.Q.
Portare a ebollizione un litro d' acqua e 100 g di burro, aggiungere un chilo di farina 00 con 10 g di sale e procedere con la cottura a fiamma lenta, fino all'amalgamarsi del composto. Successivamente versare il composto in un recipiente e aggiungere progressivamente circa 12-15 uova fresche, per ottenere un impasto che deve divenire sempre più morbido, pur conservando un certo grado di solidità. Inserire, quindi, l'impasto nel sac a poche e modellare le ciambelle su teglie, precedentemente coperte da carta da forno.
Preparare due padelle con una dose abbondante di un buon olio di semi di arachidi; nella prima immergiamo le nostre ciambelle, preoccupandosi che l'olio non sia eccessivamente bollente. Questa prima fase occorre per far sì che le zeppole si gonfino al punto giusto. Quindi, passare le zeppole nella seconda padella, dove la temperatura dell'olio non deve essere inferiore ai 170°C. Questa è la fase decisiva della frittura: la zeppola deve essere tirata fuori quando ha raggiunto il giusto grado di fragranza e un bel colore dorato.
Passarle su carta assorbente e attendere che raffreddino, dopodiché decorarle con rosoni di crema pasticciera, zucchero a velo e amarene.
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