Tu sei qui: Flusso di CoscienzaPensieri di Capodanno: l'allegria e la speranza di Sigismondo Nastri
Inserito da (Admin), giovedì 31 dicembre 2020 18:49:30
di Sigismondo Nastri
"La vita senza allegria - scrive Walter Scott (ne 'Il pirata') - è una lampada senza olio". "L'allegria - nota ancora il filosofo Benedetto Spinoza (in 'Etica') - è uno stato d'animo che accresce e sostiene la forza del corpo ad agire; la tristezza è al contrario uno stato d'animo che diminuisce e ostacola la forza ad agire. L'allegria è dunque cosa buona". Del resto, ce lo ricorda Lorenzo de' Medici, "chi vuol esser lieto sia, del doman non v'è certezza".
L'allegria si alimenta di piccole cose. Faccio un esempio: lo stupore che mi prende, ogni mattina, quando apro gli occhi e mi accorgo che ci sono e, affacciando lo sguardo dal balcone, mi abbaglio alla luce del sole che sorge. Ed è sempre come la prima volta. Se non c'è il sole, sarà il fruscio del vento, o il ticchettio delle gocce di pioggia sui vetri, o il tonfo dell'onda sugli scogli o, magari, l'arcobaleno che compare tra montagna e mare, tra cielo e terra, a tirarmi su dal torpore accumulato nella notte, a immergermi nelle cose da fare - perché ce ne sono tante di cose da fare -, a convincermi che, in fondo, la vita è bella. Ed è un bene che non m'appartiene neppure: del quale sono, senza merito, e senza averlo richiesto, usufruttuario. Un bene da custodire con cura. Nonostante le difficoltà, le incomprensioni, le tensioni, le amarezze che spesso accompagnano il nostro cammino. Se l'allegria, malauguratamente, viene a mancare, rischia di finire alle ortiche la ragione stessa dell'esistere.
La vita - per dirla con Voltaire - è "un bambino che bisogna cullare finché non si addormenta". Spero, con l'aiuto di Dio, che avvenga - non soltanto a me, a tutti - il più tardi possibile.
Ma l'allegria, che è un tratto essenziale del mio carattere, non può prescindere dalla speranza, che sta, come in un sandwich, stretta tra due sentimenti contrastanti: l'ottimismo, per l'appunto, e il pessimismo.
Perché l'allegria può essere vanificata dagli eventi, politici ed economici, o peggio da una epidemia come quella di coronavirus che ci ha resi prigionieri nelle nostre case e non accenna a finire. Spero che riesca il vaccino a debellarla.
L'Italia, intanto, è sprofondata in una crisi profonda che ha colpito tutti i ceti sociali. Tale da ricordare il secondo dopoguerra. Ne stanno pagando le conseguenze gli imprenditori; i lavoratori, espulsi dai luoghi di produzione; i poveri, cresciuti a dismisura; gli emarginati; i giovani privati del diritto alla istruzione e di sbocchi occupazionali.
Ecco, perciò, il ricorso alla speranza: che, pure, a sentire Albert Camus, "al contrario di quanto si crede, equivale alla rassegnazione". E vivere, aggiunge lo scrittore francese, "non è rassegnarsi". Giusto. Anche un nostro proverbio - lo abbiamo spesso sentito ripetere dai genitori e dai nonni - ammonisce: "chi di speranza vive disperato muore".
Per Aristotele, la speranza è "un sogno fatto da svegli". Solo che i sogni sono fotosensibili, svaniscono alla luce del giorno.
Mentre mi tormento la mente con citazioni letterarie e pensieri per nulla rasserenanti, mi chiedo che senso abbia affidarsi alla speranza in una situazione così compromessa. La risposta la trovo in Georges Bernanos che scrive: "la speranza è una virtù, virtus, una determinazione eroica dell'anima. La più alta forma di speranza è la disperazione vinta".
Faccio mia anche la frase di Cicerone: "Dum vita est, spes est" (finché c'è vita c'è speranza).
"La speranza - leggo poi in una riflessione del cardinale Carlo Maria Martini - è un fenomeno universale, che si trova ovunque c'è umanità, un fenomeno costituito da tre elementi: la tensione piena di attesa verso il futuro; la fiducia che tale futuro si realizzerà; la pazienza e la perseveranza nell'attenderlo". Credo che sia la definizione più appropriata.
E poiché, in fondo, come dicevano gli antichi romani, "homo quisque faber ipse fortunae suae" (ogni uomo è artefice della propria fortuna), non resta che... sperare in quella "x" appena percettibile, tracciata sulla scheda tra scetticismo, dubbio e diffidenza, nel segreto della cabina elettorale, considerato che, per come si sono messe le cose, la prospettiva di tornare al voto, volenti o nolenti, diventa sempre più concreta.
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