Tu sei qui: Economia e TurismoSvimez, per il presidente Giannola «sottratti 60 miliardi l’anno, il Sud deve essere risarcito»
Inserito da (Maria Abate), lunedì 7 settembre 2020 11:25:46
Riportiamo di seguito l'intervista di Andrea Bassi al presidente dell'Associazione per lo Sviluppo dell'Industria nel Mezzogiorno Adriano Giannola, per Il Messaggero.
Professor Adriano Giannola, la Svimez, di cui lei è presidente, ha presentato un quadro cupo per il Mezzogiorno. La ripresa riguarderà soprattutto il Nord così i divari con le regioni settentrionali aumenteranno. È la lettura giusta?
«Questa purtroppo è ormai diventata una regola».
Una regola?
«Storicamente il Mezzogiorno cavalca meno le riprese. Ma questa volta va detto che non siamo davanti a una caduta congiunturale, ma a una crisi strutturale drammatica, causata dal blocco delle attività economiche. Il Sud ha sempre difficoltà ad agganciare le riprese che sono trainate soprattutto dalle esportazioni».
Il blocco delle attività economiche il Mezzogiorno lo ha subito durante la prima ondata della pandemia, pur essendo rimasto quasi indenne sul piano sanitario. È questo che ha inciso?
«Il Sud potrebbe recriminare per l'eccessivo danno subito, diciamo così, per l'eccessiva prudenza mostrata dal governo che ha utilizzato questo criterio draconiano».
Se c'è un danno ci dovrebbe essere anche un risarcimento. Di norma funziona così...
«Certo, ci dovrebbe essere un risarcimento. In teoria i vari decreti del governo, fino a questo punto non hanno fatto altro che puntare a risarcimenti e sostegni, ma c'è un però».
Però?
«Però risarcire il Sud è un po' più complicato, perché con il lavoro nero e quello irregolare le persone da risarcire di fatto sono invisibili».
I bonus aiutano più il Nord?
«Non ci voglio vedere una malizia. Diciamo che è un dato di fatto, strutturale. Come fai a risarcire chi non compare?».
Vero, però il Mezzogiorno oggi può contare sul Reddito di cittadinanza.
«A mio avviso anche il Reddito andrebbe complementato da qualche altra cosa».
Cosa serve allora?
«Ci vogliono politiche di sviluppo. Questa piccola ripartenza, la metà rispetto a quella che verrà registrata a Nord, dovrebbe essere un ulteriore elemento per dare retta all'Europa e decidere di aggregare le differenze con un atteggiamento produttivo, con investimenti materiali e immateriali dove il Paese ne ha più bisogno».
Il governo promette che dei 209 miliardi del Recovery fund almeno il 34% andrà al Sud. Basterà?
«È un eludere il problema».
In che senso?
«Nel senso che è la legge che prevede che il 34% delle risorse vadano al Mezzogiorno. Non ci dovrebbe nemmeno essere una dichiarazione di intenti».
Va aggiunto qualcosa al 34%?
«Certo che vanno aggiunte altre risorse. Il ministro delle autonomie regionali Francesco Boccia in un'audizione in Parlamento ha detto che negli ultimi dieci anni alle aree meno sviluppate del Paese sono state sottratte risorse per circa 60 miliardi l'anno. I conti pubblici territoriali, se osserviamo l'ultimo dato disponibile del 2018, ci dicono che per quell'anno sono i miliardi sono già saliti a 64».
Come si fa a risarcire il Mezzogiorno di questa sottrazione?
«Di certo non si può chiedere che il risarcimento venga somministrato tutto insieme. Ma vanno recuperati quei criteri per fare in modo che al Sud arrivino i 64 miliardi in più che gli spettano».
Quali sono questi criteri?
«Quelli previsti dalla legge 42 sul federalismo fiscale e mai attuati, che vengano cioè creati due fondi perequativi a favore del Mezzogiorno: uno per le infrastrutture e uno per i diritti di cittadinanza. Altrimenti diventa ipocrita dire che al Sud non si godono gli stessi diritti del Nord. Ma parlare di perequazioni è da sempre un tabù».
Il Recovery Fund, come dice il ministro Boccia, può essere un'occasione?
«Sì, potrebbe essere usato per ridurre i divari con le regioni settentrionali senza ridurre i diritti del Nord. L'Europa in fin dei conti ci chiede questo».
In che modo andrebbero usati i soldi del Recovery al Sud?
«Con un progetto produttivo. Se voglio riequilibrare e faccio le zone economiche speciali, investo sui porti, e così via, innesco un processo economico che si autoalimenta. Il Sud deve ripartire con più velocità, perché alla fine questo è nell'interesse di tutto il Paese».
Anche del Nord? Diversi industriali sostengono che bisognerebbe investire anzitutto nella "locomotiva" per trainare anche il resto del Paese.
«Guardi, il Nord non sta per niente bene. Se guardiamo i dati di Lombardia o Emilia Romagna rispetto alle dinamiche europee, fanno ridere. Hanno perso il 30% di Pil pro-capite rispetto alla media europea. Hanno sottratto 60 miliardi l'anno al Sud distruggendo il loro mercato interno. Se cercano qualcuno con cui recriminare dovrebbero prendersela con loro stessi».
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