Tu sei qui: Territorio e AmbienteRicorsi al TAR contro le ordinanze "Plastic Free". Il duro attacco a Confindustria di Paolo Russo
Inserito da Paolo Russo (admin), martedì 3 dicembre 2019 07:50:54
Dall'Associazione degli Industriali di Salerno è pervenuta ai comuni di tutta la provincia una nota di osservazioni sulle molte ordinanze "plastic free" emesse negli ultimi mesi. La missiva mette in discussione la legittimità di tali ordinanze, considerando che alcuni tribunali amministrativi hanno ritenuto carente la normativa di riferimento e/o insussistenti i presupposti del potere di ordinanza. Non è semplice entrare nel merito di valutazioni giuridiche tanto complesse, (e difatti non mancano pronunce di segno opposto, che hanno invece confermato la validità delle ordinanze impugnate), ma va fatta comunque qualche considerazione politica.
La necessità assoluta di una svolta "green" ed ecocompatibile della produzione e dell'economia in generale è oramai assodata sia a livello scientifico che di opinione pubblica: in difesa dell'assetto ambientale, del clima e della stabilità ecologica si levano in tutto il mondo i richiami degli esperti e dei movimenti spontanei di tantissimi giovani e cittadini che invocano misure a salvaguardia dell'equilibrio naturale. E' evidente che non si può continuare ad avvelenare indiscriminatamente l'aria che tutti respiriamo, il suolo che calchiamo ed il mare che è indispensabile alla vita. Le microplastiche, in particolare, sono causa della progressiva distruzione dell'ecosistema marino e della fauna ittica. La rappresentazione (non simbolica, ma purtroppo del tutto realistica) del Mediterraneo come di "un mare di cadaveri e di plastica" dovrebbe preoccupare noi tutti che presso quel mare viviamo e da cui traiamo (e dovremmo continuare a trarre) alimento e benessere.
Di un cambiamento profondo, dunque, c'è assolutamente bisogno, e deve riguardare tutti, dal sistema produttivo alle abitudini quotidiane. Non è pensabile che siano proprio le imprese ad ostacolare o rallentare questo cambiamento, che dovrebbe anzi fare carico innanzitutto ad esse, nella consapevolezza del ruolo sociale di cui portano la responsabilità, secondo principi etici oltre che costituzionali. Il PIL provinciale, che la lettera di Confindustria attribuisce in buona parte al comparto della plastica, va accreditato in misura assai maggiore al settore turistico, di cui il mare è una primaria risorsa: non è pensabile che Confindustria non condivida la necessità di difenderlo.
E' evidente, quindi, come il carattere e lo scopo delle ordinanze plastic free sia culturale molto più che giuridico: si tende a instillare nella coscienza collettiva il senso di una inderogabile partecipazione alle sorti dell'ambiente e del futuro del pianeta, e su questo non può esserci contestazione. I produttori di plastica inquinante, piuttosto che appigliarsi a vizi di forma o di sostanza, dovrebbero attuare le misure di una riconversione produttiva che è (per fortuna) inarrestabile e già intrapresa, e di cui, come tutti, hanno da tempo percezione, al di là della data di vigenza di questa o quella normativa. Insomma, occorre davvero aspettare l'obbligatorietà di comportamenti verso i quali si è già ampiamente avviati, e che dovrebbero costituire una dimensione responsabilmente acquisita e condivisa? Non è lecito invece aspettarsi che anche Confindustria (come tanti enti locali, tante istituzioni, tanti gruppi organizzati e tanti cittadini) si renda parte attiva di un percorso di sostenibilità, piuttosto che evocare l'abusata (e francamente odiosa) minaccia ai livelli occupazionali?
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