Tu sei qui: Territorio e AmbienteAutonomia, i report sulla sanità di Svimez e Save the Children
Inserito da (Redazione Nazionale), martedì 20 febbraio 2024 17:20:04
di Norman di Lieto
Quando si parla di Autonomia è facile 'andar dietro' alle polemiche tra De Luca che dovendo fare 'anticamera' davanti ai portoni di Palazzo Chigi ha prima risposto per le rime ad un funzionario di polizia che gli chiedeva di pazientare (e trovando il sindacato dei poliziotti, Siulp, attaccare il governatore per questo) e poi, ha 'apostrofato' la premier Giorgia Meloni salvo poi dire che lui non aveva insultato nessuno.
Quello che forse non è stato detto e che dietro a questo 'ping pong' c'è il rischio che si perda il senso della riforma Calderoli e, su questo, siamo d'accordo con Susanna Camusso, senatrice del Pd, eletta proprio in Campania che ha sostenuto come De Luca con il suo comportamento e le risposte conseguenti arrivate ha - di fatto - tolto l'attenzione dal motivo del contendere: l'Autonomia e perché questa non vada bene per il Sud.
Si rischia, dunque, di dimenticarsi del motivo del contendere.
E questo non va bene.
Torniamo alle analisi di Svimez sui 'divari Nord-Sud nel diritto alla salute', promosso proprio da Svimez in collaborazione con Save the Children e presentato qualche giorno fa.
In base alle recenti valutazioni del Crea (Centro per la ricerca economica applicata in sanità), sono il 6,1% le famiglie italiane in povertà sanitaria, che registrano difficoltà nel curarsi o hanno rinunciato del tutto a sostenere spese sanitarie.
Nel Mezzogiorno la quota la povertà sanitaria riguarda l'8% dei nuclei familiari, una percentuale doppia rispetto al 4% del Nord-Est (5,9% al Nord-Ovest, 5% al Centro).
Sempre nel meridione, secondo il rapporto di Svimez e Save The Children, la speranza di vita è minore al Sud di 1,5 anni: più alta anche la mortalità per tumore, pari al 9,6 per 10 mila abitanti per gli uomini rispetto a circa l'8 del Nord.
Luca Bianchi, dichiara:
"I dati del report offrono la fotografia preoccupante di un divario di cura che si traduce in minori aspettative di vita e più alti tassi di mortalità per le patologie più gravi nelle regioni del Mezzogiorno. Rafforzare la dimensione universale del Sistema sanitario nazionale è la strada per rendere effettivo il diritto costituzionale alla salute".
Gli autori del report, pubblicato nell'ultimo numero di 'Informazioni Svimez', curato da Luca Bianchi, Serenella Caravella e Carmelo Petraglia, rilevano peggiori condizioni sanitarie, meno prevenzione, mortalità per tumori più elevata.
I divari territoriali, viene evidenziato, sono aumentati in un contesto di "generalizzata debolezza del sistema sanitario che, nel confronto europeo, risulta sottodimensionato per stanziamenti di risorse pubbliche (in media 6,6% del Pil contro il 9,4% di Germania e l'8,9% di Francia), a fronte di un contributo privato comparativamente elevato (24% della spesa sanitaria complessiva, quasi il doppio di Francia e Germania)".
A fronte di una media nazionale di 2.140 euro, la spesa corrente più bassa si registra in Calabria (1.748 euro), Campania (1.818 euro), Basilicata (1.941 euro) e Puglia (1.978 euro).
Per la parte di spesa in conto capitale, i valori più bassi si ravvisano in Campania (18 euro), Lazio (24 euro) e Calabria (27 euro), mentre il dato nazionale si attesta su una media di 41 euro.
Il monitoraggio Lea (Livelli essenziali di assistenza), che offre un quadro delle differenze nell'efficacia e qualità delle prestazioni fornite dai diversi Servizi sanitari regionali, fa emergere i deludenti risultati del Sud: 5 Regioni del Mezzogiorno risultano inadempienti, rileva il rapporto.
E poi c'è il fattore sociale: su 1,6 milioni di famiglie italiane in povertà sanitaria, 700mila sono al Sud.
Un dato che incide è anche quello che nel Mezzogiorno si fa meno prevenzione oncologica: secondo le valutazioni dell'Istituto superiore di sanità (Iss), nel biennio 2021-2022 in Italia circa il 70% delle donne di 50-69 anni si è sottoposta ai controlli.
Sono circa 2 su 3 che hanno di fatto aderito ai programmi di screening gratuiti: la copertura complessiva è dell'80% al Nord, del 76% al Centro, ma scende ad appena il 58% nel Mezzogiorno.
La prima regione per copertura è il Friuli Venezia Giulia (87,8%); le quote più basse si registrano in Campania (20,4%) e in Calabria, dove le donne che hanno effettuato screening promossi dal servizio sanitario sono appena l'11,8%, il dato più basso in Italia.
Ci si cura quindi in strutture sanitarie del Centro e del Nord, in particolare per le patologie più gravi, 'ignorando' le strutture presenti al sud: a confermare che i 'viaggi della speranza' non si sono mai fermati è (anche) il rapporto Svimez:
"Nel 2022 dei 629mila migranti sanitari (volume di ricoveri), il 44% era residente in una regione del Mezzogiorno.
Per le patologie oncologiche, 12.401 pazienti meridionali, pari al 22% del totale dei pazienti, si sono spostati per ricevere cure in un Servizio sanitario regionale del Centro o del Nord nel 2022. Solo 811 pazienti del Centro-Nord (lo 0,1% del totale) hanno fatto il viaggio inverso. Ed è la Calabria a registrare l'incidenza più elevata di migrazioni: il 43% dei pazienti si rivolge a strutture sanitarie di regioni non confinanti. Seguono Basilicata (25%) e Sicilia (16,5%).
Save the Children evidenzia numeri crescenti anche nelle migrazioni sanitarie pediatriche dal Sud verso il Centro-Nord: l'indice di fuga, cioè il numero di pazienti pediatrici che vanno a farsi curare in una regione diversa da quella di residenza, nel 2020 si attesta in media all'8,7% a livello nazionale, con differenze territoriali che vanno dal 3,4% del Lazio al 43,4% del Molise, il 30,8% della Basilicata, il26,8% dell'Umbria e il 23,6% della Calabria. In particolare, un terzo dei bambini e degli adolescenti si mette in viaggio dal Sud per ricevere cure per disturbi mentali o neurologici, della nutrizione o del metabolismo nei centri specialistici convergendo principalmente a Roma, Genova e Firenze, sedi di Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs) pediatrici".
Luca Bianchi rimarca:
"La necessità di incrementare le risorse complessivamente allocate alla sanità convive con la priorità di potenziare da subito le finalità di equità del Servizio sanitario nazionale. I dati del report offrono la fotografia preoccupante di un divario di cura che si traduce in minori aspettative di vita e più alti tassi di mortalità per le patologie più gravi nelle regioni del Mezzogiorno. La scelta, spesso obbligata, di emigrare per curarsi oltre ai costi individuali finisce per amplificare i divari nella capacità di spesa dei diversi sistemi regionali. Rafforzare la dimensione universale del Ssn è la strada per rendere effettivo il diritto costituzionale alla salute. Una direzione opposta a quella che invece si propone con l'autonomia differenziata, dalla quale deriverebbero ulteriori ampliamenti dei divari territoriali di salute e una conseguente crescita della mobilità di cura".
Interviene anche il presidente del Gimbe, Cartabellotta:
"Così si legittimerà frattura strutturale Sud-Nord, la fuga per curarsi vale già 4,25 mld di euro.L'autonomia differenziata in ambito sanitario aggrava le disuguaglianze interregionali.
La concessione di ulteriori forme di autonomia potrebbe determinare ulteriori capacità di spesa nelle Regioni ad autonomia rafforzata, finanziate dalle compartecipazioni legate al trasferimento di funzioni e, soprattutto, dall'eventuale extra-gettito derivante dalla maggiore crescita economica.
Tutto ciò, in un contesto in cui i Lea non hanno copertura finanziaria integrale a livello nazionale e 5 delle 8 Regioni del Mezzogiorno risultano inadempienti, determinerebbe una ulteriore differenziazione territoriale delle politiche pubbliche in ambito sanitario".
Quello che i numeri - come evidenziato dal report - fanno drammaticamente emergere è una frattura Nord-Sud: il meridione sarà sempre più dipendente dalla sanità del Nord, minando l'uguaglianza dei cittadini nell'esercizio del diritto costituzionale alla tutela della salute.
"I dati del report - aggiunge Anna Lisa Mandorino, segretaria generale di Cittadinanza attiva - restituiscono l'immagine di un Paese diviso a metà nell'accesso alle cure sanitarie.
In questo quadro, la riforma della autonomia differenziata, sulla quale si continua a ragionare, e per giunta con scarsissimo coinvolgimento dei cittadini, senza la definizione dei Lep, dà come unica certezza quella di amplificare questa frammentazione e di consegnarci un Paese ulteriormente diviso nella garanzia del diritto alla salute".
FONTE FOTO: Foto di fernando zhiminaicela da Pixabay e Foto diHerbert II TimtimdaPixabay
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