Tu sei qui: CronacaNiente lockdown e meno decessi che in Italia, il parere degli esperti sul caso Svezia
Inserito da (Maria Abate), venerdì 14 agosto 2020 11:54:08
Niente lockdown, niente mascherine e nessuna chiusura, a parte quella di scuole superiori e università. Agli svedesi è stato chiesto solo di astenersi dai viaggi di piacere e lavorare da casa, se possibile. Negozi e ristoranti non hanno mai chiuso, hanno soltanto dovuto ridurre il numero di persone che potevano entrare. Gli assembramenti sono stati vietati solo oltre le 50 persone.
La Svezia è stato l'unico paese europeo a non adottare il lockdown per contenere la diffusione del Coronavirus. Il dato di fatto, però, è che, pur non avendo costretto i cittadini in casa, la nazione scandinava si ritrova con un tasso di decessi inferiore a quello dell'Italia, in rapporto alla popolazione.
Anche quando - a metà luglio - i decessi crescevano e, insieme, gli attacchi della popolazione e degli altri Stati, il primo ministro svedese, Stefan Lovfen, non ha mai cambiato strategia. E alla fine di luglio la media settimanale dei nuovi casi è scesa a 200, a fronte dei circa 1.140 di metà giugno.
Quello che ha fatto la differenza, spiegano gli epidemiologi, è il buon senso degli svedesi, che da subito hanno modificato il loro comportamento, adottando il distanziamento sociale ed evitando i luoghi affollati, senza che nessuno glielo imponesse.
«Da marzo a inizio giugno tutti i negozi erano pressoché vuoti, la gente aveva smesso di cenare con gli amici e le famiglie avevano interrotto i contatti persino con i parenti più stretti. Un lockdown non avrebbe potuto essere più efficace. Lavarsi le mani, usare il più possibile i disinfettanti e stare a casa al primo segnale di freddo è diventato la normalità molto presto», ha spiegato Maria Furberg, infettivologa dell'Università di Umea.
«Anche senza un lockdown rigido e obbligatorio, molte aziende hanno consentito ai dipendenti di lavorare da casa e le università hanno offerto corsi a distanza agli studenti», ha dichiarato Mozhu Ding, epidemiologo del Karolinka Institute.
Secondo Anne Spurkland, immunologa dell'università di Oslo, è comunque «troppo presto per stabilire che l'approccio svedese sia stato il più saggio. Occorrerà aspettare l'autunno e vedere se si verificherà una seconda ondata».
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